SENZA TITOLOMaria Lai
Maria Lai nasce nel 1919 nel paese di Ulassai, nella sub regione barbaricina dell’Ogliastra. Figlia di Giuseppe e Sofia Mereu, Maria Lai è seconda di cinque tra figli e figlie[1], zia del fotografo Virgilio Lai e della scrittrice Maria Pia Lai Guaita.
La famiglia Lai, oltre ad avere Maria come artista di fama, ha dato i natali a Giuliana, sua sorella talentuosa scrittrice; prima di morire all’età di 92 anni, quest’ultima ha pubblicato la trilogia: L’erede del corbulaio, Mi piacerebbe usare bene Word e Ritagli. Giovanni, il fratello maggiore di Maria, è stato invece un importante medico imprenditore, colui che fondò nel 1952 la Clinica Medica “Ospedale Tommasini” di Jerzu. Alberto Cannas, suo cugino, fu il Presidente del Museo Fondazione Stazione dell’arte.
Durante l’infanzia è di salute piuttosto cagionevole, il che la porta ad essere trasferita per i mesi invernali dal paese di Ulassai alla pianura di Gairo[2] per potersi riprendere: viene ospitata da zii contadini senza figli.
Nei mesi invernali salta completamente le scuole materne ed elementari; in completo isolamento inizia a scoprire e cogliere in sé l’attitudine per il disegno. Nel 1928 accade il primo fatto tragico della sua vita, lo zio spara un vicino di terreno e convinto di averlo ucciso si costituisce, la stessa notte si suicida in carcere. Maria da quel momento vivrà tutto l’anno a Ulassai sino al 1932. Nel 1933 muore Cornelia, la sorellina minore, e Maria posa come modella da Francesco Ciusa, è in questa altra triste occasione che vede per la prima volta la bottega dell’artista e l’atmosfera del mondo dell’arte nei quali rimane profondamente colpita e affascinata. La famiglia decide di iscriverla alle scuole secondarie a Cagliari, dove ha la fortuna di conoscere il suo maestro d’italiano Salvatore Cambosu. Egli per primo comprende le difficoltà della bambina nell’inserimento scolastico e per primo scopre la sua sensibilità artistica; grazie a lui, la giovane allieva ulassese si farà carico dell’importanza e del valore del latino e delle poesie e scoprirà “il valore del ritmo delle parole che portano al silenzio”. Nel 1939, “se pur con tante difficoltà”, decide di continuare la sua ricerca del segno, iscrivendosi al Liceo Artistico di Roma, dove conosce maestri di scultura come Angelo Prini e Marino Mazzacurati, che vedono subito in lei un segno maturo e molto maschile, estremamente essenziale e rapido. Completati gli studi al liceo, partirà alla volta di Verona e, appena dopo, di Venezia, poiché la seconda guerra mondiale impedisce il suo ritorno in Sardegna.
Trasferitasi a Venezia senza aiuto finanziario alcuno da parte della famiglia, s’iscrive all’Accademia di Belle Arti, dove frequenta un corso di scultura tenuto dall’artista Arturo Martini e da Alberto Viani, ha come tutor l’artista Mario De Luigi. Nell’ambiente accademico veneziano incontra diverse difficoltà. Inizialmente è disarmante per lei la figura del suo maestro, che fatica a accettare le donne nel mondo dell’arte; inoltre egli in quel tempo attraversa una crisi poetica e solo in un secondo momento comincia a comprendere quanto siano importanti le sue lezioni, trovando diverse affinità con Cambosu, cioè sul valore del ritmo, “in questo caso nella scultura”.
Nel 1945 decide di tornare in Sardegna in modo rocambolesco, con delle scialuppe di salvataggio dal porto di Napoli a quello di Cagliari. Sull’isola resta fino al 1954; nel frattempo riprende l’amicizia con Salvatore Cambosu e insegna disegno presso scuole elementari della città e di alcuni paesi. Di questo periodo è l’amicizia con lo scrittore e artista Foiso Fois. Nel 1947 il fratello maggiore Gianni, subì un agguato, in un tentativo di sequestro di persona, presso Monte Codi in territorio di Ulassai: salvandosi per miracolo, grazie al pronto intervento di una camionetta di soldati americani in transito in quella zona. Ritorna a Roma nel 1954, portando con sé un bagaglio di profonda tristezza, a causa dell’assassinio del fratello minore Lorenzo, accaduto lo stesso anno nei pressi di Ulassai. Nel 1957, presso la galleria L’Obelisco di Irene Brin, terrà la sua prima personale con i disegni a matita dal 1941 al 1954; potrà nel frattempo aprire un piccolo studio d’arte, intraprendere rapporti d’amicizia con artisti come Jorge Eduardo Eielson, e nel frattempo comparire in alcuni servizi televisivi dell’Istituto Luce. Dopo la mostra, pare andar tutto per il meglio; ma ad un tratto decide di ritirarsi dal mondo dell’arte, in un silenzio che l’accompagnerà per circa 10 anni: una crisi poetica che la tiene lontana da gallerie e artisti, ma che l’avvicina al mondo dei poeti e degli scrittori. Per tutti gli anni sessanta, infatti, coltiva un rapporto di amicizia e di collaborazione con lo scrittore Giuseppe Dessì, dirimpettaio di casa sua a Roma. Nel 1963 tra Ulassai e Cardedu, in Sardegna, ci fu un’altra violenta sparatoria tra carabinieri e banditi presso la sua casa di campagna dove già da tempo risiedevano i genitori, per via di un ennesimo tentativo di sequestro di persona ai danni del cognato. Attraverso lo scrittore Giuseppe Dessì, riscopre il senso del mito e delle leggende della sua terra, trae profonda ispirazione dai suoi libri, capisce ancora di più quanto sia importante e privilegiata la sua origine sarda. In questo silenzio romano, osserva le correnti emergenti contemporanee, come l’Arte Povera e l’Informale, e di li a poco comprende quanto fossero importanti le lezioni di Martini (inizialmente vissute come un completo fallimento), le parole di Cambosu, le tradizioni, i miti e le leggende della sua terra natia. Intervenendo sulla materia attraverso gli oggetti ansiosi Ready-made del telaio e della magia del suo utilizzo, del pane e degli oggetti del passato arcaico sardo, inizia il suo percorso, che vede il passato come indagine del futuro.
Il 1971 è per lei un anno triste e al contempo estremamente fecondo di attività: triste perché nel settembre muore in un incidente aereo l’unico fratello rimasto, Gianni; mentre a livello artistico, presso la Galleria Schneider di Roma, espone i primi Telai, la mostra fu a cura di Marcello Venturoli, un ciclo che caratterizza tutti i dieci anni successivi. Un avvicinamento all’arte tessile favorito dall’incontro con il maestro Enrico Accatino che inizia a operare per il rilancio dell’arte tessile, coinvolgendo anche alcune manifatture sarde. Nel 1976 conosce Angela Grilletti Migliavacca, proprietaria e direttrice della galleria Arte Duchamp di Cagliari e sua futura curatrice personale, con la quale poi avrà un rapporto di lavoro e d’amicizia pluridecennale. Nel 1977 conosce la storica dell’arte Mirella Bentivoglio la quale l’anno successivo permetterà a Maria di sbarcare alla Biennale di Venezia. Gli anni ottanta del XX secolo, invece, sono caratterizzati dal ciclo delle Geografie e dei Libri cuciti. Iniziano a chiederle delle collaborazioni per delle copertine (p. es. il libro vero di Giulio Angioni, A fogu aintru, EDeS, 1978, con disegni di Maria Lai[3]), e tantissime altre, ma soprattutto iniziano le prime operazioni sul territorio: “Legarsi alla Montagna“, per esempio, è l’opera che la porta alla realizzazione delle future opere nel paese di Ulassai, a Roma stringe amicizia con Bruno Munari e a New York con Costantino Nivola. In questi anni spesso realizza anche installazioni effimere ed opere in altre città, non solo in Sardegna. Negli anni novanta le sue opere appaiono come una reinterpretazione del suo percorso complessivo ed i vari cicli si assemblano armonicamente l’uno con l’altro; la velocità inattesa dei segni-disegni si fonde con i grovigli di fili e di corde di telaio e di Geografie. In questo contesto storico il suo lavoro sarà molto apprezzato anche a livello internazionale, a questi anni risale l’amicizia con lo stilista Antonio Marras e le cantanti Marisa Sannia e Elena Ledda.
Negli ultimi anni ha vissuto e lavorato nella casa di campagna vicino al paese di Cardedu; a Ulassai, invece, l’8 luglio del 2006 ha inaugurato il Museo di Arte Contemporanea Stazione dell’arte, che raccoglie una parte considerevole (circa 140 pezzi) delle sue opere, dopo il successo del museo, le sue opere sono entrate nelle Istituzioni più importanti, quali Palazzo Grassi di Venezia con la mostra “Italic” a cura di Francesco Bonami, a Palazzo Mirto e a Villa Borghese di Roma.
Dopo le recenti esposizioni negli Stati Uniti e in altre prestigiose manifestazioni europee, Maria Lai è riconosciuta come una tra gli artisti più significativi della Sardegna. Secondo l’opinione dell’artista l’opera più importante che ha realizzato è Legarsi alla montagna.
Muore nel 2013 e viene sepolta presso il cimitero di Ulassai, accanto ai suoi familiari.
A distanza di sei mesi dalla sua morte è stato promosso un convegno in suo ricordo da Laura Boldrini Presidente della Camera dei Deputati presso la Sala della Regina a Palazzo Montecitorio.
Nel 2019 è nominato per il XX Premio Cairo, Palazzo Reale, Milano.
(Fonte:Wikipedia)