Arturo Vermi – Diario

DIARIOArturo Vermi

Arturo Vermi (Bergamo il 26 marzo 1928 – Paderno D’Adda 10 Ottobre 1988). Nella prima metà degli anni cinquanta, ancora molto giovane, si trasferì a Milano per lavorare come operaio alla Pirelli. L’esperienza contribuì molto alla sua formazione, mettendolo in contatto con le istanze innovatrici che gravitano intorno al quartiere di Brera a Milano. Infatti, fu nel Centro Culturale Pirelli, allora vivo e propositivo, che Vermi tenne nel 1956 la sua prima mostra personale.[1]

La mostra fu caratterizzata da opere figurative, poi distrutte, di soggetto naturalistico e accento espressionistico, dipinte da autodidatta, con toni scuri e forti, nel parco della Villa Reale di Monza. Dal 1958 e dopo un soggiorno a Parigi nel 1960-1961, le opere di Vermi furono gradualmente indirizzate verso forme più oggettive, in sintonia con il contesto internazionale, ben conosciuto in Italia, e soprattutto a Milano, grazie a Lucio Fontana, punto di riferimento fondamentale per tutti gli artisti della sua generazione, che Vermi frequentava.

Nel periodo 1959-1963, fecero la loro comparsa dipinti come le Lavagne e le Lapidi, in cui, nella riduzione estrema dell’immagine a segno, prendono forma delle linee più o meno fitte e regolari, tracciate o incise con varie tecniche orizzontalmente sul supporto, che diverranno per molti anni protagoniste e cifra distintiva delle opere di Vermi.

Gruppo del Cenobio

Nel 1962 Vermi fondò con gli artisti Agostino Ferrari, Ugo La Pietra, Ettore Sordini, Angelo Verga e il critico e scrittore Alberto Lucia, il Gruppo del Cenobio, con l’intenzione di rinnovare i codici di scultura e pittura.

La pennellata, talvolta violentemente espressa sulla tela, istintiva e fulminea, dava valore al segno, al senso del materico, divenendo così tratto fondamentale del movimento.

Il gruppo si sciolse nel 1963, a un solo anno di distanza dalla sua fondazione.

Una nuova concezione dello spazio e il periodo Lilith

Nel 1964 Vermi sviluppò le creazioni dei Diari, opere sia su tela che tridimensionali[2], in una nuova prospettiva di atemporalità, contrastata negli anni successivi, fino alla sua morte, dalla volontà di cancellare lo spazio e renderlo visibile e poi lavorarci sopra che diede vita alle Figure/Presenze nello spazio tempo.

Nel 1965 cominciò lo studio dello spazio e in questo periodo le sue opere sono caratterizzate da una pittura nuova, un’amplificazione del segno che lo rende immagine, tanto da assumere una dimensione di orizzonti incommensurabili.

Nel 1967 Vermi riuscì ad approfondire questo concetto di spazio anche grazie all’amicizia con Lucio Fontana, gettando le basi per tutti i suoi studi futuri. Durante il 1971 l’artista confessò di essere arrivato a godere di una calma e di un silenzio vivificanti che gli consentirono di sentire affiorare dei nuovi valori artistici, i quali diedero origine alle serie di tele chiamate Paesaggi, Marine e Presenze. Si aprì infine, nel 1975 la stagione festosa e particolarmente fertile della “felicità”, chiamata dall’artista con il nome di Lilith.

Durante il periodo Lilith l’artista cominciò a lavorare sul tema della volontà di libertà dai dogmi assoluti del passato.

Nel “manifesto del disimpegno” Vermi sostenne che senza la libertà non c’è evoluzione, non c’è progresso, non c’è scienza. Da qui cominciò la ricerca della realtà dell’uomo in relazione a tutto ciò che lo circonda. Nel 1975 e nel 1978 vennero pubblicati gli unici due numeri della rivista “L’Azzurro”, la quale ha come primo interesse la ricerca della felicità umana.

In questo periodo di felicità vennero ideati anche i progetti di sculture come le Lune e i Colloqui, opere compiute tra il 1976 e il 1983.

Le ultime creazioni

Nella parte finale della sua vita Vermi abitò prima a Verderio, poi a Paderno D’Adda. A questo periodo risalgono alcune delle sue più importanti opere tridimensionali, i Frammenti, le Sequoie e le Piattaforme, le quali però non vennero mai apprezzate come le sue opere bidimensionali.

Arturo Vermi morì il 10 ottobre 1988 a Paderno D’Adda.[1]

(Fonte : Wikipedia)

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